
Taeko Tomiyama è una delle artiste giapponesi più influenti del XX° secolo.
Il suo nome è centrale nel panorama artistico asiatico, soprattutto quando si parla di opere connesse al femminismo, al periodo postcoloniale, o che hanno a che fare con un qualsiasi impegno politico.
L’artista nasce nel 1921 a Kobe, in Giappone, e passa l’adolescenza in Manciuria per via del lavoro del padre. Dopo essersi diplomata ad Harbin, nel 1938 decide di tornare in patria e di frequentare l’Università Joshibi di Arte e Design, dalla quale tuttavia poco dopo viene espulsa, e si iscrive così all’Accademia di Arte e Mestieri. Dopo la guerra va a lavorare in una miniera di carbone nel Kyushu e per circa dieci anni fa la “pittrice della miniere di carbone”. In quell’occasione si rende conto che tanti coreani, durante l’occupazione nipponica, erano stati costretti dai giapponesi a espatriare e a fare lavori duri e pericolosi, e che il benessere del suo paese era stato in parte fondato e costruito sul dolore, il sangue e la fatica di un altro popolo, quello coreano. Questo e la visita negli anni ’60 di alcuni paesi dell’America Latina, come il Messico e Cuba, la cui arte e i cui movimenti socio-politici erano anti statunitensi e soprattutto anti imperialisti.
Questo legame si rafforzò grazie ai movimenti pro-democratici della Corea del Sud degli anni ’70, che lottava contro il regime militare della costituzione Yushin. Così si rese conto che tra la storia moderna della Corea (guerra degli anni ’50, suddivisione tra nord e sud e la successiva dittatura militare) e quella dell’America Latina visitata tempo prima, c’erano delle forti similitudini, e che alla radice di tutto ciò, in questo caso, vi era il Giappone imperialista.
In generale, l’aver vissuto fuori dal proprio paese da ragazzina per svariati anni e aver poi, da adulta, viaggiato molto, le ha permesso di aprire la mente e di non essere accecata dall’imperialismo e dal militarismo nipponico: è stato principalmente questo che l’ha poi portata a volersi esprimere a favore di questioni sociali delicate e significative, come la situazione precaria dei minatori, delle minoranze etniche, o ancora delle ferite fisiche ed emotive delle “donne di conforto” della seconda guerra mondiale, tramite opere d’avanguardia che sperimentavano svariate tecniche artistiche quali litografie, pittura a olio, collage, proiezioni di diapositive e installazioni.
Tornando per un attimo agli anni ’70, verso la metà degli stessi, non solo venne ostracizzata in patria per adottare un stile troppo filo occidentale nella sua arte, ma le fu vietato l’accesso in Corea del Sud (fino al 1993), poiché organizzò una mostra in cui aveva trasformato in diapositive delle poesie del noto poeta attivista sudcoreano Kim Ji-ha [김지하], che era stato arrestato dal regime di Park Chun-hee e messo in carcere con l’accusa di essere andato contro le leggi anticomuniste. Nonostante l’allontanamento dal suolo sudcoreano, quando avvenne la rivolta di Gwangju e Tomiyama apprese la vicenda, si sentì molto vicina alla vicenda e all’ingiustizia subita dai civili.
Questi sentimenti, che d’altronde l’avevano animata per tutta la vita, generarono la straordinaria serie di litografie e serigrafie che vedrete appena sotto, intitolata “Preghiera commemorativa – Maggio, Gwangju 1980” (da questi lavori nacque poi un corto l’anno successivo, intitolato “Libertà a Gwangju”, con le musiche di Yuji Takahashi e news in stile documentario sull’argomento, raccolte da Katsuhiro Maeda).
Taeko Tomiyama è morta allo soglia dei 100 anni, nel 2021.
Qui sotto ho tradotto i contenuti delle opere che avevano scritte in coreano al loro interno.

Potere dei cittadini
La scritta coreana rossa sotto al titolo dice:
“Potere dei diritti dei cittadini”.
Le scritte interne, dall’alto verso il basso, dicono:
1°: “Libera democrazia”
2°: “Viva la democrazia”
3°: “Viviamo insieme”
4°: “Libertà”
5°: ripete “Viva la democrazia”
6°: “Revoca” (qui è implicito il soggetto; considerando il contesto, la frase esplicita sarebbe “Revoca della legge marziale”)
Requiem per Gwangju I e Donna incinta accoltellata e uccisa
La scritta coreana rossa dice:
“Massacro”.


Le scritte sui cartelli, dall’alto verso il basso, dicono:
1°: “Viva la democrazia”
2°: ripete “Viva la democrazia”
3°: “Abolizione della legge marziale” sulla prima riga, mentre sulla seconda riga ripete ancora “Viva la democrazia”
4°: sulla stessa riga ripete le scritte “Viva la democrazia” e “Abolizione della legge marziale”
5°: “Vivere e morire insieme”
6°: sulla prima riga ripete “Vivere e morire insieme”, mentre nella seconda dice “Opposizione all’alleanza con il regime militare”
Libertà a Gwangju
Le scritte interne alla lineoleografia, dall’alto verso il basso, dicono:
1°: “Libertà”
2°: “Democrazia…” e poi la scritta è parzialmente coperta e non si legge bene
3°: “Revoca della legge marziale d’emergenza”
4°: “Democrazia liberale”

Fonti:














Una opinione su "Taeko Tomiyama [冨山妙子] e le sue opere"