L’insurrezione di Gwangju e l’arte da essa ispirata: parte 6 – Documentari

Su questa sezione in realtà non ho molto da dire, se non che, a differenza della saggistica o delle biografie che ho volutamente omesso dalla lista dei libri, nei documentari c’è sempre una visione artistica nella rappresentazione del soggetto o dell’argomento, per cui, a meno che non si stia parlando di un lavoro puramente tecnico, il prodotto finale sarà sempre la somma tra dati e realtà, e lo sguardo di sceneggiatore e regista (che molto spesso convergono nella stessa persona).

INDICE DEI DOCUMENTARI

Questo documentario, realizzato con una cinepresa da 8 mm da alcuni membri di un cine club (Yalasheng) dell’Università Nazionale di Seoul, riprende con occhio critico le cinque giornate di maggio di un evento organizzato dalla Quinta Repubblica di Chun Doo-hwan nel 1981: la manifestazione ebbe uno scopo ben preciso e utilizzò una dialettica che arrivò ai limiti dell’ipocrisia più infima: dopo che, appena un anno prima, Chun Doo-hwan aveva fatto massacrare centinaia di studenti nell’insurrezione di Gwangju, nel 1981 pensò bene di il grande festival, “Gukpoong 81” [“Spirito Nazionale 81”], il cui tema era “Grande celebrazione folkloristica e culturale nazionale degli studenti universitari”.
Questo perché, dati i precedenti, quello che il governo del dittatore temeva di più, erano proprio le voci dei giovani studenti, quindi per rabbonirli ed evitare proteste anti-governative, reputò questa mossa assolutamente necessaria. Oltretutto quell’anno era stata anche annunciata la candidatura di Seoul alle Olimpiadi, per cui si diede a divedere che questo enorme dispiego di forze per l’organizzazione del festival fosse per il bene della suddetta candidatura.

Il film è una documentazione che mostra il festival propagandistico pianificato e guidato dal nuovo regime militare capeggiato da Chun Doo-hwan e dai media, sotto spettacolari fuochi d’artificio. L’opera, che permette di intravedere il paesaggio della Corea del Sud di quel tempo, include interviste con la popolazione e una colonna sonora composta da musica contemporanea. Nel 2007, l’Istituto Coreano di Materiali Cinematografici ha digitalizzato il film.

Dopo essersi insediata schiacciando la popolazione di Gwangju, la Quinta Repubblica del governo sudcoreano organizza un grande festival di stato chiamato ‘National Wind 81’ come parte della sua politica oscurantista. I membri di una cerchia di film studenti chiamata Yalasheng dell’Università Nazionale di Seoul vanno a girare il festival con una cinepresa a 8mm e catturano criticamente le scene. La disposizione e il montaggio del film rivelano lo spirito dei giovani filmmaker. Contiene tutte le tecniche documentaristiche come la separazione di immagini e suoni e la post-registrazione prototipo che segue Pannori Ariran.

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Dalla regia del documentarista Kim Tae-il, quest’opera nasce per raccoglie le opinioni e le posizioni delle persone che per 30 anni sono state i veri protagonisti della storia, anche se non riconosciuti come tali. Le stesse persone che hanno vissuto quel tempo, senza abbellimenti o costruzioni artificiali.
Narra del dolore dei sopravvissuti che non sono riusciti a morire insieme ai loro compagni uccisi il 27 maggio 1980 all’alba presso l’ufficio del governo provinciale, e che ancora soffrono di traumi; e il comportamento anti-storico del governo di Lee Myung-bak che ha vietato l’esecuzione di “Marcia per la persona amata” durante la giornata di commemorazione del 18 maggio nel 2009 (QUI per info riguardo il brano e per ascoltarlo).

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“Kim Gun”, diretto da Kang Sangwoo, si basa sul cercare di scoprire dove si trovi un uomo la cui identità ha suscitato una controversia nazionale riguardo alla Rivolta di Gwangju del 18 maggio 1980: nel 2015, l’ex ufficiale dell’esercito di estrema destra Ji Man-won, iniziò a diffondere una teoria del complotto secondo cui l’uomo fosse uno dei 600 agenti speciali nordcoreani infiltrati a Gwangju per istigare violenze contro il governo. Il documentario presenta prove che confutano questa assurda teoria di Ji. Durante la ricerca di prove, il regista incontra Ju Ok, un 56enne addetto a una lavanderia a secco, che identifica l’uomo nella foto come “Kim-gun”, un senzatetto raccoglitore di rottami che viveva sotto un ponte sul Gwangjucheon e che si faceva chiamare soltanto con il cognome Kim. Partendo da questo indizio, il documentario ricostruisce la vita di Kim-gun e presenta ulteriori testimonianze di sopravvissuti alla rivolta, il documentario si mette alla ricerca del giovane scomparso, esaminando anche fotografie d’archivio conservate presso la Fondazione Memoriale del 18 maggio.

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“La storia di Hinzpeter sul 18 maggio” [“5·18 힌츠페터 스토리”] – 2018

Dalla regia di Jang Young-joo, un documentario che mette in luce il giornalista tedesco Jürgen Hinzpeter (1937-2016), un testimone oculare che informò il mondo della tragedia del Movimento di democratizzazione di Gwangju nel maggio 1980. Questo lavoro è composto da filmati girati all’epoca e da interviste con lui mentre era in vita, che il regista Jang Young-joo ha recuperato dopo aver appreso l’improvvisa notizia della sua morte.
Hinzpeter, corrispondente a Tokyo per l’emittente pubblica tedesca NDR, arrivò in Corea il 19 maggio e, insieme al tassista Kim Sa-bok, si infiltrarono a Gwangju: fu così che riprese il brutale massacro di civili compiuto dalle forze militari sotto legge marziale.
Questa storia, seppur romanzata e con delle differenze dalla realtà, è divenuta famosa a livello internazionale grazie al bellissimo film del 2017 “A Taxi Driver”, di cui parleremo meglio il 26 maggio nella giornata dedicata ai film.

Jürgen Hinzpeter, giornalista dell’emittente pubblica tedesca NDR, si infiltrò il 20 maggio 1980 nella città di Gwangju, nella provincia di Jeolla Meridionale, dove riprese il brutale massacro di civili compiuto dalle forze militari sotto legge marziale. Dopo aver montato il materiale video in Giappone, dove lavorava come corrispondente estero, Hinzpeter inviò le foto e i filmati in Germania. Il video fu trasmesso in tutta la Germania, ma in Corea del Sud la dittatura militare continuò a censurare i media, impedendo la diffusione della verità fino al 1987.
L’opera “La storia di Hinzpeter sul 5.18” racconta in modo dettagliato e rievocativo quegli eventi.

Il progetto ha avuto origine dal documentario trasmesso nell’aprile 2003 nella trasmissione speciale domenicale di KBS, intitolato “Maggio 1980, il testimone dagli occhi azzurri”, che è sia il concept originale sia la base del film. Il regista del documentario, Jang Young-joo, è anche colui che all’epoca aveva prodotto il programma.

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Nella seconda metà degli anni ’80, uno dei membri della comunità coreana all’estero riuscì a introdurre di nascosto nel Paese una videocassetta contenente la verità sul massacro di Gwangju, e da quel momento le atroci verità di quel giorno cominciarono a emergere, una dopo l’altra.

Sotto una sorveglianza costante, il video di Gwangju fu riprodotto in gran numero e, rischiando molto, venne distribuito in tutto il Paese. La missione di diffondere la verità fu ciò che sostenne molte persone. Proprio come tante vite furono cambiate da quel video, anche una persona che gestiva un piccolo laboratorio fotografico, dopo aver visto il video di Gwangju, si trasformò in un documentarista.

In questa sua opera si vedono persone che, dopo aver visto il video di Gwangju, non riescono facilmente ad alzarsi dal proprio posto; persone che con delicatezza chiedono agli altri di lasciare il posto per chi arriverà dopo; e le spalle di coloro che escono sembrano incredibilmente appesantite.
Questi momenti testimoniano come, di fronte alla verità, la coscienza si sia risvegliata e abbia gettato le basi per la crescita del movimento democratico.

Il documentario racconta il processo di produzione e distribuzione del filmato che documentò per la prima volta in patria le atrocità, e si conclude con un ragionevole dubbio: durante il Movimento del 18 maggio di Gwangju, non solo i giornalisti, ma anche i soldati, registravano la situazione con video e fotografie, tuttavia le registrazioni delle quattro ore in cui furono sparati colpi contro cittadini innocenti non sono ancora state ritrovate. Come mai questo buco “narrativo”?

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Fonti:

2 pensieri riguardo “L’insurrezione di Gwangju e l’arte da essa ispirata: parte 6 – Documentari

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