“March for the Beloved” [“임을 위한 행진곡” – “Im-eul wihan haengjingok”] è senz’altro il canto popolare di protesta per eccellenza, ma non solo, perché anche sul piano ufficiale si è fatto strada come brano simbolo dell’insurrezione di Gwangju. Infatti sin dall’istituzione della “Giornata nazionale per la commemorazione del Movimento di democratizzazione del 18 maggio” avvenuta nel 1997 in occasione dell’inaugurazione del nuovo cimitero per le vittime della rivolta, la canzone è stata utilizzata come chiusura della cerimonia ed è stata cantata indistintamente dai capi di partito di qualsiasi fazione politica.
Questo fino a che, nel 2008, non sono iniziate a sorgere delle controversie e i conservatori non hanno iniziato a tergiversare sulla sua possibile esecuzione, con l’accusa che il brano fosse animato da sentimenti pro-comunisti e pro-nordcoreani, e avanzando la proposta, per nulla ben accolta, che ci volesse una composizione musicale creata appositamente per l’evento: infatti con l’ascesa a Presidente di Lee Myung-bak prima e Park Geun-hye poi (entrambi conservatori), il pezzo è stato escluso dalla commemorazione più di una volta, oppure è stato deciso di farlo eseguire solamente da un coro, in modo da non obbligare nessun rappresentante delle istituzioni a cantarla. A causa di queste decisioni, la cerimonia ha subito numerosi boicottaggi da parte delle varie fondazioni di Gwangju riguardanti il 18 maggio e anche dai membri del Partito Democratico, che erano fortemente in disaccordo con la linea operativa del partito di maggioranza.
Poi nel 2017, con l’arrivo del Presidente di centrosinistra Moon Jae-in, “March for the Beloved” è stata finalmente reintegrata nei contesti ufficiali e si è tornati al canto unanime del brano.
La cerimonia ha purtroppo subito un freno per via della pandemia mondiale di Covid-19, ma nel 2022, quando si erano ormai riprese le normali attività, persino il nuovo presidente conservatore Yoon Suk-yeol (arrestato all’inizio di quest’anno per aver tentato un colpo di stato reinserendo la legge marziale), ha preso parte alla commemorazione cantando la canzone insieme a tutti i presenti.
Prima di passare alla traduzione del testo, c’è un’ultima questione importante da spiegare: il significato di 임 (im), prima particella che del titolo “임을 위한 행진곡”, è interpretabile a seconda dei contesti, perché è una forma arcaica per intendere “persona amata”, quindi “partner”, ma può anche voler dire “compagno caduto”, “patria”, “popolo” o “ideale”.
La canzone ha sia una valenza intima, perché funge da conclusione del rito matrimoniale tra anime, sia popolare, essendo una supplica nei confronti dei vivi di portare avanti la lotta che loro hanno iniziato, come un passaggio di testimone, pertanto la particella può essere intesa in entrambi i sensi. Indicativi, da questo punto di vista, gli ultimi due versi del brano, che recitano “Poiché noi andiamo avanti, che i vivi ci seguano“.
Marcia per la persona amata
Senza lasciare amore, onore o nome,
il giuramento ardente di vivere tutta la vita andando avanti.
I compagni non ci sono più, solo la bandiera sventola.
Non vacilliamo finché non sorgerà il nuovo giorno.
Anche se il tempo passa, le montagne e i fiumi sanno.
Dopo il risveglio, gridiamo ardentemente cori di protesta.
Poiché noi andiamo avanti,
che i vivi ci seguano (x2)
임을 위한 행진곡
사랑도 명예도 이름도 남김없이
한 평생 나가자던 뜨거운 맹세
동지는 간 데 없고 깃발만 나부껴
새 날이 올 때까지 흔들리지 말자
세월은 흘러가도 산천은 안다
깨어나서 외치는 뜨거운 함성
앞서서 나가니 산 자여 따르라 (x2)
Il video sottostante riporta la versione originale del brano, l’incisione domestica effettuata con un registratore portatile. Vi traduco anche la parte parlata che fa da introduzione: “Sconfiggiamo la morte e uniamoci. Che le terre del sud e del nord possano ricongiungersi. Andiamo lì fuori e combattiamo per le nostre stesse vite”.
La versione che andremo ad ascoltare ora è quella del collettivo musicale di studenti universitari di Seoul, formatosi nel 1983 e composto da 23 membri. Il gruppo si chiamava Nochatsa [노찾사], che è l’abbreviazione di Noraereul Chatneun Saramdeul [노래를 찾는 사람들 ], e si traduce in “People Who Finds Songs”.
Il brano fa parte del terzo album del progetto musicale “People Who Finds Songs” [노래를 찾는 사람들], che prende nome proprio da quello del gruppo, ed è una raccolta di brani inediti e folk.
Nel 1984, il famoso cantautore di protesta Kim Min-ki, ideò e produsse il primo progetto del gruppo, che appunto prendeva il titolo di “People Who Finds Songs 1”. Purtroppo, per via della dittatura e della censura, l’album uscì solamente tre anni dopo, nel 1987, e con svariate modifiche (non propriamente volute dai membri o da Kim Min-ki).
Il vero successo del progetto arrivò con il secondo album, pubblicato nel 1989, che vendette oltre il mezzo milione copie in un anno. Questo perché nel frattempo, ormai liberi dalla dittatura caduta nel 1987, i Nochatsa si esibirono a svariate proteste, manifestazioni e nei campus universitari, e avevano acquisito una certa fama, cantando brani da loro composti e pezzi folk allora molto noti.
Questo progetto arrivò al quarto album , ma pian piano ebbe sempre meno presa sulla popolazione, in quanto, con l’arrivo e la stabilizzazione della democrazia, i movimenti di protesta diminuirono e con loro anche l’interesse attivo del popolo verso certe tematiche.
C’è anche un’altra versione del brano, che fa parte del progetto animato “Memoria di maggio” [오월의 기억]: “March for the Beloved” è il primo dei cinque segmenti che lo compongono, e si presenta in uno stile ancora diverso dalle altre versioni presenti in questa pagina.
QUI per ascoltare la suddetta versione.
Questo di seguito invece è un esempio pratico di cosa effettivamente rappresenti ancora oggi questo brano, cioè la lotta per la libertà e la democrazia, e quindi il potere del popolo unito sotto lo stesso sentimento. Il video infatti mostra una folla vastissima durante le proteste del dicembre 2016 nei confronti dell’allora Presidente della Corea del Sud, Park Geun-hye, accusata e successivamente arrestata per abuso di potere e coercizione, con una pena di 24 anni di carcere.
La versione cantata nelle proteste è solitamente quella di Choi Do-eun, cantante folk e attivista democratica.
Il brano è talmente tanto potente e significativo che nel corso degli anni si è spaso a macchio d’olio anche in molti altri paesi dell’Estremo Oriente, come Taiwan, Cina, Cambogia, Thailandia, Malaysia e Indonesia. Ovviamente ne sono stati modificati il titolo e il testo per adattarli ai veri contesti di protesta (spesso lotte sindacali), ma la melodia rimane sempre quella, come potete constatare da voi nel video appena sotto che riporta la versione taiwanese.
Se si vogliono approfondire le versioni in lingue diverse del brano, è possibile trovarle e ascoltarle QUI.
Fonti:

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