In un mondo come il nostro, dalla tecnologia tanto avanzata e che sembra stia svuotando l’essere umano che l’ha creata delle proprie emozioni, arriva un’opera che, come una favola, utilizza continue metafore e parallelismi per far arrivare delicatamente allo spettatore un messaggio forte e chiaro.

“A Piece of Your Mind” (su Viki con il titolo in italiano “Un frammento della tua mente“) è incredibilmente affascinante, misterioso, gentile e poetico.
Ha uno sviluppo che lascia senz’altro ampio respiro alle emozioni provate e non dette, al pensiero nascosto, ai gesti immaginati, e forse proprio per questo ne sono stata così attratta, perché è come se ti invitasse a prendere parte a quell’immaginazione e a quella meditazione silenziosa.
È come entrare nella mente e nel cuore sia dei personaggi sia della storia senza però bussare, ma solamente aprendo la porta quel poco che basta per sbirciare, e poi pian piano avanzare in punta di piedi per non rompere gli equilibri.

Procediamo per gradi, dando un piccolo spunto della trama:
i due protagonisti principali sono Moon Ha Won e Han Seo Woo. Lui un genio dell’informatica, fondatore di un’azienda specializzata nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Lei ingegnere di registrazione di musica classica. Due mondi che sembrano distanti anni luce e che sembrano non avere ragioni per incrociare le loro strade, tuttavia grazie agli altri protagonisti della storia, si incontreranno, e i loro due animi si troveranno ad avvicinarsi sempre di più, con forza e delicatezza, e soprattutto a curarsi l’un l’altro, in un intreccio tra emozioni del presente e ricordi del passato.
I personaggi
Se si parla di personaggi ben scritti, delineati e i cui percorsi sono irrimediabilmente intrecciati, “A Piece of Your Mind” è un’opera a cui poter fare senz’altro riferimento.
Non c’è nulla di forzato nei rapporti che si creano: la naturalezza e il realismo sono il pilastro che rende armoniosa ogni dinamica tra i cinque personaggi principali.
Tutto si incastra perfettamente e ognuno diventa indispensabile per tutti gli altri, e se ne mancasse anche solo uno, il tutto si sgretolerebbe: è questa la sensazione che ho avuto osservandoli.
Le loro dinamiche sembrano permeate dalla forza di gravità e si fa sempre più chiara, ogni episodio che passa, l’indissolubilità dei rapporti che oramai sono nati e che piano piano iniziano a far parte del loro essere.
I due protagonisti principali sono Moon Ha Won (interpretato da Jung Hae In) e Han Seo Woo (interpretata da Chae Soo Bin), tuttavia gli altri tre personaggi che, insieme a loro due, formano l’intreccio della trama, sono altrettanto fondamentali: vediamo Kim Ji Soo (interpretata da Park Joo Hyun), suo marito Gang In Wook (interpretato da Kim Sung Gyu), e Moon Soon Ho (interpretata da Lee Ha Na).

Ha Won ci appare come un genio della tecnologia, una persona pragmatica, sempre calmo e tranquillo. Tuttavia questo suo lato nasconde un profondissimo dolore, un senso di perdita incolmabile, che sembra lo facciano sentire costantemente come un trapezista in equilibrio sulla corda. E’ ancora caparbiamente legato al suo primo amore, la sua amica di vecchia data, Ji Soo, nei confronti della quale prova un certo rancore e una frustrazione per non essere riuscito a esprimere i suoi sentimenti.
Seo Woo è una ragazza sempre positiva e ottimista, nonostante anche lei nasconda una vita per nulla semplice, e una grande dolore per la perdita dei propri genitori in un incendio. La sua genuinità troverà il modo di farsi spazio tra i complessi sentimenti di Ha Won e dei personaggi che gli ruotano attorno.


Ji Soo è il primo amore di Ha Won, fin da quando si sono conosciuti in Norvegia da ragazzini. Appare come un personaggio molto affascinante, a tratti misterioso, e incredibilmente dolce. Nel suo sguardo si può leggere un velo di tristezza costante, soprattutto quando questo sguardo è rivolto ad Ha Won, a cui è legata da un profondo affetto. Tuttavia li tiene separati un segreto che per Ji Soo è causa di un forte senso di colpa nei confronti del suo più caro amico, e sarà proprio questo segreto, che li ha dapprima allontanati, a riuscire a snodare i bandi della matassa e a far comprendere ad Ha Won chi fosse davvero Ji Soo.
In Wook è un pianista molto quotato, e per rispettare lo stereotipo del musicista eccentrico, appare come un tipo piuttosto lunatico e permaloso. E’ perdutamente innamorato della moglie, sentimento che ci appare ricambiato ma non palesemente, e ciò creerà incomprensioni, contrasti e fraintendimenti. Quando si ritrova ad affrontare i fantasmi del passato, lo vediamo sgretolarsi difronte ai nostri occhi, e forse tra tutti, è il personaggio per cui ho sofferto di più: lo si vede annaspare continuamente tra sensi di colpa violenti e un amore che sente di non meritare mai del tutto. Riesce ad uscire da questo suo stato solo quando sembra essere troppo tardi, anche se sappiamo che a volte una fine è solo un altro inizio, finché ne usciamo migliorati.


In ultimo c’è Soon Ho, un personaggio molto diretto, con una forte presenza, caparbia e che sa il fatto suo. Lei e Ha Won sono molto legati: il ragazzo è rimasto solo molti anni prima e quindi considera la ragazza e sua nonna come la sua vera famiglia. Lei è anche la persona che più di tutte aiuta In Wook a tornare a galla e che gli insegna a nuotare, anche se per farlo deve lottare con le unghie e con i denti: deve intromettersi talmente tanto da risultare invadente, visto che In Wook sembra un muro impenetrabile.
Questi cinque personaggi, i loro caratteri, i loro rapporti, le loro dinamiche… ognuno di loro è come la pietra che viene levigata da una goccia d’acqua dopo l’altra, con pazienza e costanza. Perché alla fine i legami che creiamo con gli altri hanno bisogno di essere alimentati con cura e dedizione: c’è bisogno di tempo per entrare nel cuore di una persona e abbiamo bisogno di tempo per far entrare qualcuno nel nostro, e soprattutto per comprenderci a vicenda.
Tecnicamente parlando
Registicamente è studiato nei minimi particolari: da una fotografia a tratti quasi onirica (spesso vediamo immagini ovattate) e dai colori perlopiù pastellati, caldi e rilassanti nelle scene del presente, si passa a una sensazione di dispersione e solitudine in quelle del passato.

Essendo i flashback ambientati quasi del tutto in un paesaggio innevato (Norvegia, dove abitavano Ha Won e Ji Soo) e per lo più all’interno di una foresta, i suoni delle tempeste di neve in arrivo, dei loro passi che corrono per trovare riparo, e delle poche parole accennate per sovrastare il silenzio assordante del fitto bosco, diventano il simbolo di un passato in cui i due avevano fatto affidamento solo l’uno sull’altra, come se quello fosse il loro unico mondo. Un mondo grande tanto da potercisi perdere, ma altrettanto piccolo e insignificante se messo in rapporto al resto della Terra.

Con questo cambio di atmosfera (da una sensazione desolata e fredda, a una calda e rassicurante), e il lento ma costante evolversi dei personaggi, mi è sembrato quasi di guarire anch’io, insieme a loro: mi ha donato un vero e profondo senso di pace e armonia, quella che però avviene dopo una reale presa di coscienza di quanto la vita sia dura e imprevedibile, nel bene e nel male.

Questo drama è ciò che si può definire un’opera lenta senza dubbio, tuttavia bisogna fare attenzione all’utilizzo a volte ingannevole del termine: per lenta non intendo che per vedere un minimo cambio degli eventi si debba aspettare la fine del drama, bensì che gli stessi si svolgono in un flusso realistico o perlomeno riflessivo e introspettivo.
Il tallone d’Achille
Ora veniamo all’aspetto davvero “critico” della sceneggiatura, o meglio quello che alcuni potrebbero considerare la parte debole: questo drama è fortemente simbolico, quindi alcune cose sul piano pratico potrebbe risultare ostili alla comprensione. Sto parlando nello specifico della parte tecnologica, che non è spiegata proprio benissimo: per esempio, a me non è apparso affatto chiaro come dalla sola voce di una persona, il dispositivo riesca a interpretarne la personalità e soprattutto riesca ad acquisirne i ricordi.

Ipotizzando che non sia per colpa della mia incomprensione e che l’opera abbia deliberatamente lasciato questo aspetto senza spiegazione, una volta terminata la visione del drama ho cercato di capirne il perché.
La questione tecnologica della storia e il dispositivo in sé sembrano essere degli espedienti narrativi, ed è come se il tutto fosse un’enorme metafora: infatti per far uscire fuori la vera personalità dal dispositivo, l’interlocutore deve in qualche modo parlare di qualcosa che inneschi un “risveglio di coscienza”, altrimenti il dispositivo sarà pari al più comune Siri (o Alexa).
Non a caso, è utilizzato in campo medico, perché dovrebbe servire come metodo terapeutico per persone afflitte da stati d’ansia (a cui si possono legare anche tante altre patologie come la depressione). Ciò potrebbe star a significare che il dispositivo è solo un elemento simbolico per enfatizzare il fatto che in ognuno di noi c’è come un “interruttore” che attiva il nostro vero io, quel qualcosa che ci smuove e che rappresenta la parte centrale della nostra personalità e perché no, dei nostri problemi o traumi.
Cast e musiche
Un plauso va a tutto il cast che è stato in grado di esprimere persino l’inconscio dei propri personaggi: una recitazione minuziosa, centellinata anche nei minimi movimenti.
Tra l’altro trovo che i due attori principali abbiano formato una bellissima coppia, perché anche in altre opere mi hanno sempre donato la stessa sensazione di dolcezza, e trovo che questo aspetto comune abbia reso la loro unione molto naturale dal punto di vista dello spettatore, soprattutto in un’opera di questo tipo.
Anche le ost hanno centrato in pieno l’atmosfera generale e anzi, più che centrarla, l’hanno enfatizzata maggiormente. E quando anche le musiche completano un quadro già ben strutturato e delineato, fa capire la massima attenzione impiegata per creare l’opera stessa.
Ecco qui l’intera ost, perfetta se volete passare del tempo con voi stessi o con chi amate, nella pace d’animo più assoluta:
Tirando le somme
“Un frammento della tua mente” è un drama assolutamente particolare e che potrebbe lasciare anche insoddisfatti per alcuni lati della storia, tuttavia dipende da cosa se ne vuole trarre dalla sua visione.
Lo consiglierei a chiunque? No, assolutamente, perché sono certa che molti non apprezzerebbero il troppo simbolismo di alcune questioni, però per chi ama i tipi di storie che devono essere in qualche modo “interpretate”, allora sì, lo consiglio assolutamente.
Come già detto “A Piece of Your Mind” (tra l’altro titolo meraviglioso e azzeccatissimo), non è per tutti, ma se lo si prende per il verso giusto, può diventare una perla rara sulla guarigione dell’animo umano, e non solo: può anche essere senza dubbio visto come un deciso messaggio su un utilizzo ideale e idealistico della tecnologia, onde evitare che ci divori.

Per quanto mi riguarda è stato come essere accarezzata da una leggera brezza d’autunno, in cui si percepisce il freddo che sta per arrivare dall’inverno, ma la natura intorno è ancora piena di colori, tenui e caldi.
Nonostante le imperfezioni spiegate precedentemente, quando un’opera è capace di scavare tanto a fondo e di rimanermi dentro, per me non ci sono imperfezioni o “buchi di trama” che reggano, per questo gli ho dato il massimo della valutazione.