“Jin Roh – Uomini e lupi”: film d’animazione e live action. Analisi e confronto tra le due versioni

Per il secondo appuntamento della rubrica “Ritorno alle Origini“, ho scelto il mio film d’animazione giapponese preferito: “Jin Roh – Uomini e lupi“, del 1999, diretto da Hiroyuki Okiura e scritto da Mamoru Oshii, sulla cui saga intitolata “Kerberos Saga si basa la pellicola.

Dal film d’animazione nasce, a un passo dal ventennale dello stesso, un adattamento live action coreano del 2018 (visibile su Netflix sia con i sottotitoli in italiano, sia doppiato), “Illang – Uomi e Lupi“, in cui il termine Illang (in coreano 인랑) si traduce letteralmente in “lupi mannari”.

L’opera madre è ambientata negli anni ’60, ma non in quelli che l’umanità ha davvero vissuto: il tutto si svolge in uno scenario ucronico, poiché si basa su una visione alternativa della storia dopo la seconda guerra mondiale, in cui il Giappone è comandato da forze militari e le guerre civili impazzano dappertutto. Viene così formata una squadra antiterrorismo chiamata Kerberos Panzer Cops, di cui fa parte il protagonista della storia Kazuki Fuse, che si troverà ad affrontare molte difficoltà e un’intensa lotta personale, in un presente incerto e nel totale caos. Durante tutta la visione, si fa spazio una versione molto cupa e macabra della nota favola “Cappuccetto rosso”, e pian piano si va delineando sempre più la similitudine tra la realtà e la favola stessa.

Sul piano tecnico è impeccabile: Oshii non ha solo lavorato alla sceneggiatura, ma ha chiaramente influenzato anche la regia e supervisionato ogni particolare, pertanto io l’ho sempre considerato a tutti gli effetti un suo film. I suoi lunghi silenzi introspettivi accompagnati da inquadrature spesso cariche di angoscia (immagini distorte, molti visi in primo piano e che, per quanto particolareggiati nelle espressioni, sembra che a volte si deformino) calzano a pennello su una pellicola di questo tipo che nel dubbio e nel disordine (che sia esso mentale, morale o sociale) ci sguazza di gusto, e che non si risparmia mai in violenza e scene cruente pur di raccontare la realtà della storia narrata.

Per quanto riguarda i colori, è un film dai toni prevalentemente scuri. Le ambientazioni sono spesso al chiuso: dalle fogne, al museo, ai condotti e ai sotterranei, la pellicola si svolge in luoghi angusti e principalmente bui o con poca fonte di luce, e questo tende ad aumentare il senso già elevato di ansia generale, come se ci si sentisse topi in trappola.
Non a caso proprio l’ultima scena si svolge all’aperto, ed è quella in cui si riuscirà finalmente a sconfiggere quella condizione di preda/predatore a cui sono stati miseramente condannati gli uomini lupo, condizione che ho interpretato più come una vera e propria maledizione.

In linea generale, chi ha visto altri suoi film d’animazione, saprà molto bene quanto Oshii riesca a rendere vivide certe emozioni, e a portare lo spettatore esattamente dove vuole lui, a rendere onirico il tangibile, e materiale il sogno o la filosofia più eterea, sullo sfondo di realtà spesso ai margini della distruzione o del decadimento, come è infatti anche Jin Roh stesso.

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L’adattamento live action

Il film live action (che come dicevo prima è del 2018) è stato scritto e diretto da Kim Ji-woon, e vede tra i protagonisti attori molto noti nel cinema e nei drama coreani: a partire dai protagonisti maschili interpretati da Kang Dong-won (che neanche a farlo apposta è anche l’attore protagonista nel primo “Ritorno alle Origini” che ho trattato, incentrato sull’opera “Le nostre ore felici”), e Jung Woo Sung, entrambi attori che hanno concentrato le loro carriere sul cinema, per poi passare alla controparte femminile, Han Hyo-joo, che invece ha preso parte anche a svariati drama, il cast di tutto rispetto è il punto fermo della pellicola e la sua colonna portante, anche e soprattutto laddove sono presenti delle lacune.

Il live action prende la storia e l’ambienta in Corea del Sud nel 2029, anno in cui le due Coree si stanno per riunificare dopo cinque anni di preparazioni varie. Il governo decide così di creare un’unità speciale per fermare il gruppo terroristico anti-riunificazione.

Volendo fare un confronto, avendo amato l’originale, sapevo già che sarebbe stato davvero difficile soddisfarmi completamente, tuttavia vediamo insieme quali sono stati i pro e i contro di questo adattamento.

Quello che senza dubbio ho apprezzato è che, pur avendo puntato un po’ di più sull’azione e meno sulla parte filosofica, e soprattutto, avendo dovuto cambiare l’ambientazione di base, la storia non è stata intaccata di molto: sono riusciti a ricreare atmosfere, dinamiche politiche e sociali (e anche tra i vari personaggi) simili all’anime.

Ciò che davvero non ho minimamente apprezzato, e che invece mi ha fatto amare l’opera originale, è stato il finale, che era quello che in effetti temevo di più. Secondo me il finale scelto nell’anime dà un senso profondissimo a tutta la storia, anzi, segue l’unica piega coerente che avrebbe potuto prendere. Mentre quello scelto per il live action mi è sembrato molto di comodo, giusto per dare il contentino, cosa che onestamente sopporto molto poco, soprattutto se va a snaturare il senso della storia.

Nonostante questo, è una versione che consiglio senza dubbio, soprattutto se piacciono i film d’azione e con una certa prospettiva sociale e politica.

Inutile dire (ma la dico lo stesso), che chi ama gli anime e ancora non ha visto Jin Roh, ancor prima di vedersi il live action, deve assolutamente rimediare alla mancanza, non se ne pentirà di certo.

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La rivisitazione dark di
“Cappuccetto rosso”

Dato che sono appassionata, tra le altre cose, anche di favole, fiabe e racconti per bambini e ragazzi, non potevo non trascrivere per intero la storia rivisitata di “Cappuccetto Rosso” che si dipana per tutto il film.

Vi consiglio di spendere due minuti in più per leggerla, perché se anche l’avete ascoltata nell’anime (e per come l’hanno montata, anche a risentirla cento volte è sempre da brividi), potersela gustare tutta di fila è comunque molto emozionante.

C’era una volta una bambina che non vedeva sua madre da sette anni. Era stata costretta a vestirsi con abiti di ferro e le era stato detto: “Quando consumerai questi vestiti potrai andare da tua madre”.

Così la bambina sfregava continuamente le sue vesti contro il muro cercando disperatamente di romperle. Quando infine le spezzò, si procurò del latte e del pane, e anche del formaggio e del burro, e si mise in cammino per raggiungere la casa di sua madre.

Una volta nel bosco incontrò un lupo, che le chiese gentilmente: “Cosa porti nel cestino?

“Latte e pane, e anche un po’ di formaggio e di burro”, rispose lei.

E allora il lupo disse: “Non me ne daresti un po’?”

Ma la bambina rifiutò dicendo: “Non posso, è un regalo per la mia mamma”.

Il lupo le chiese se avrebbe preso il sentiero degli spilli o il sentiero degli aghi. Quando lei rispose che avrebbe preso il sentiero degli spilli, il lupo si precipitò sul sentiero degli aghi, e arrivato alla casa divorò la mamma della bambina. Alla fine anche la bambina giunse alla casa.

“Mamma, aprimi”, disse la bambina.

“Spingi la porta, non è chiusa a chiave”, rispose il lupo.

Ma l’uscio non voleva aprirsi, così la bambina penetrò in casa attraverso un buco.

“Mamma, sono affamata”, disse.

“C’è della carne nella credenza, mangiane un po’”, le suggerì allora il lupo.

Era la carne di sua madre, che il lupo aveva ucciso. Un grosso gatto balzò sulla credenza e disse: “Quella che mangi è la carne di tua madre”.

“Mamma, un gatto dice che sto mangiando la tua carne”.

“E’ una bugia ovviamente. Tiragli addosso uno zoccolo”.

Dopo aver mangiato la carne, la bambina ebbe sete.

“Mamma, ho sete”, disse.

“Bevi del vino dalla caraffa”, rispose il lupo.

Quando lei lo fece, arrivò un uccellino e si posò sul bordo del camino.

“E’ il sangue di tua madre che stai bevendo. Stai bevendo il sangue di tua madre”, disse.

“Mamma, c’è un uccellino appollaiato sul camino e dice che sto bevendo il tuo sangue”.

“Gettagli addosso il tuo mantello”.

Dopo aver mangiato la carne e bevuto il vino, la bambina si rivolse alla madre e disse: “Mamma, ora mi è venuto un gran sonno”.

“Vieni qui e riposati”.

La bambina si spogliò e si avvicinò al letto su cui la madre giaceva in una strana posizione, con un cappuccio tirato sulla faccia.

“Mamma, che orecchie grandi hai”, disse.

“E’ per sentirti meglio, mia cara”.

“Mamma che occhi grandi hai”.

“E’ per vederti meglio, piccola mia”.

“Mamma, che unghie lunghe hai”.

“E’ per stringerti meglio a me, piccola mia”.

“Mamma che denti lunghi hai” .

E poi alla fine il lupo divorò cappuccetto rosso.

Il video sottostante mostra il momento in cui si concretizza nella mente del protagonista una tragedia che teme possa avverarsi, ed è l’espressione massima di fusione tra sogno e veglia, tra favola e realtà.

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