“Yasu, il dolore si accumula nel tempo. Se tutti e due continuerete a crogiolarvi nel vostro dolore, questo non farà altro che crescere giorno dopo giorno. Quindi… devi essere come l’oceano.” – “L’oceano?” – “La neve è come il dolore. Su di un terreno continua ad accumularsi. Anche se si scioglie, il terreno resta comunque molle. Ma sull’oceano, non importa quanto forte nevichi, non si accumulerà. Quando Akira si sente triste, non puoi essere triste anche tu. Se Akira piange, tu devi sorridere. Sorridi e ingoia quel dolore. Avanti, sorridi Yasu.”
È con questo piccolo monologo di uno dei personaggi, che ho pensato fosse giusto e adatto iniziare a parlare di questa perla assoluta di drama del 2013, composto da 10 episodi. “Tonbi” è una serie giapponese, e questo termine indica il nibbio, un uccello rapace molto simile al falco: man mano che avanzano gli episodi si fa sempre più chiara la ragione che sta dietro alla scelta del titolo, scelta dettata da una visione molto poetica, in pieno stile nipponico.
TRAMA: Yasu è un uomo burbero, incapace di esprimere i propri sentimenti. Anche quando incontra l’amore della sua vita, questo suo modo di fare non si allevia molto, ma lei percepisce il suo assoluto buon cuore. Quando loro figlio Akira ha 3 anni, la mamma ha un brutto incidente cercando di salvare il bimbo, e purtroppo perde la vita. Yasu, devastato dalla perdita, non sa né come gestire questi sentimenti, né come crescere suo figlio da solo da quel momento in poi. L’unica sicurezza che ora ha nella vita sono i suoi amici di una vita, all’interno di questo piccolo villaggio sul mare dai panorami mozzafiato, dall’aria pulita, e dallo stile di vita molto semplice e frugale.
8 motivi per guardarlo
Questo drama è la concezione di famiglia nel senso più ampio del termine: non si esclude quello più “classico”, ma lo si estende a un qualsivoglia nucleo di persone che si dona affetto e appoggio incondizionato, a prescindere dai legami di sangue.

1) Questo aspetto è il primo che mi ha fatto affezionare all’opera e ai personaggi: “Tonbi” non è un racconto che lascia con il fiato sospeso, e nemmeno fa venire quella voglia frenetica di vedere cosa accade l’episodio successivo. “Tonbi”, semplicemente, narra la storia di un padre e di un figlio, dalla sua nascita fino all’età adulta. Racconta di come il loro rapporto si sviluppi e maturi durante il corso del tempo, tra le difficoltà e le gioie della vita. Parla di cosa voglia dire essere padre e sentirsi inadatto al ruolo per paura di non fare mai abbastanza, perché alla fine un genitore è prima di tutto un essere umano con i suoi difetti e le sue insicurezze, e di cosa voglia dire essere figlio di un padre inetto che non sa come esprimere affetto, e di una figura materna che non ha mai potuto conoscere, e che però, per certi versi, è come se non se ne fosse mai andata (più che altro perché il padre non riesce a distaccarsene, e anzi, le rimane avvinghiato con tutte le forze).
Ci mostra come si può crescere bene nonostante le tragedie che possono colpire, senza quindi vuoti che destabilizzino particolarmente, se si hanno accanto persone che percorrono con noi la strada della vita senza farci pesare le nostre mancanze, ma che anzi cercano di colmarle nel più totale silenzio, senza che ce ne accorgiamo nemmeno. E insieme al protagonista che da bimbo diventa grande, anche lo spettatore si sente dapprima un po’ bambino, poi un po’ adolescente ribelle ed infine un adulto insieme ad Akira, uomo ormai capace di amare il padre pienamente, nonostante tutte le frizioni che ci possano essere state tra loro, perché ora comprende quanto impegno e fatica abbia impiegato per crescerlo. Un Akira che ha trovato la pace d’animo grazie a tutto il bene ricevuto dalla sua grande famiglia (padre e amici del padre), a tutti gli insegnamenti preziosi che gli hanno donato, a tutti gli errori che gli è stato concesso commettere per poi capire da solo dove avesse sbagliato.
Perché In “Tonbi” ciò che mi è arrivato più chiaramente di altri concetti o messaggi è stato che bisogna avere il coraggio di prendere atto dei propri limiti e fare il meglio che si può nonostante essi. Ciò che ne risulterà sarà comunque un qualcosa di dignitoso, in cui non ci si sarà smarriti, almeno non del tutto.
2) Il senso di completezza e pienezza alla fine della visione è vivo e pulsante, è come un mare in piena, e allo stesso tempo silenzioso e trasparente, proprio come la neve che cade sull’oceano senza lasciar traccia. Come dicevo prima, “Tonbi” non è entusiasmante sul piano della ritmica narrativa, eppure una volta che l’ho iniziato, l’ho divorato senza nemmeno farci caso: non perché mi facesse venire la fame nel sapere cosa accadeva dopo, ma perché mi lasciava ogni volta con una voglia di calore umano e di affetto inestimabile.
3) Questo non vuol significare però che sia una storia solamente dolce e tenera, perché altrimenti risulterebbe stucchevole: al contrario, riesce a scaldare tanto proprio perché dapprima ci presenta una fatalità tangibile e spietata, una realtà che fa sentire freddo come nel più glaciale degli inverni (e questo credo che lo si possa intuire già solo dall’incipit della storia). D’altronde non ci sarebbe nulla da guarire, senza prima essersi fatti del male, e non si sentirebbe il bisogno di coprirsi e riscaldarsi, senza prima aver patito il gelo.
4) “Tonbi” è gioia e dolore, è rimorso e orgoglio, è rabbia e amore, è amicizia e abbandono, è paura e fiducia, è dubbio e timidezza, è senso di perdita e volontà di alzarsi di nuovo e andare avanti, è stare zitti quando sarebbe importante far sapere all’altro quello che si prova o si pensa, e parlare troppo quando bisognerebbe tacere. Insomma, “Tonbi” è semplicemente la vita, in ogni suo aspetto, raccontata con una qualità narrativa tipica delle opere del sol levante che nel genere slice of life danno il loro meglio (parlo da amante anche di anime e manga). L’approccio metaforico e filosofico (che arriva a toccare l’ermetismo), discreto, riservato e delicato, che pur sembrando un controsenso, è molte volte complementare ad un’espressione del tutto pragmatica, è tipico dell’arte nipponica, e sono tutti elementi che i giapponesi riescono perfettamente a canalizzare per esternare la loro maestria artistica: “Tonbi” è l’esemplare modello di tutto ciò.
5) Personalmente adoro sempre quando il narratore principale della storia è uno dei protagonisti. In questo caso è proprio Akira che all’inizio della serie, da adulto, torna indietro con il pensiero alla propria infanzia e alla propria adolescenza. Il drama infatti, dopo circa tre minuti dall’inizio, viene presentato da Akira stesso così: “Questa è la storia di mio padre. Mio padre, mia madre e io. La storia del viaggio di un nibbio e di un falco“. Se un’opera avvia la sua narrazione con questa armonia, le mie aspettative salgono in picchiata, sperando sempre che non vengano deluse.
6) Potrà sembrare monotono e banale, ma il cast è sempre una parte fondamentale per la riuscita di un drama. Oltre al fatto che mi è sembrato da subito un racconto interessante, il motivo che mi ha spinto in primis alla visione di “Tonbi” sono stati proprio i due attori principali, Takeru Satoh (che interpreta il figlio adolescente e adulto) e Seiyou Uchino (che interpreta il padre).
I loro ruoli sono molto complessi, soprattutto quello di Uchino: dover interpretare con spontaneità un personaggio tanto burbero e allo stesso tempo tanto fragile e amorevole non credo sia semplice, tuttavia l’attore è stato capace di trasmettere ogni minima emozione anche solo con il semplice sguardo o linguaggio del corpo. D’altronde mi ero già accorta della sua particolare attenzione a questo aspetto della recitazione, quella dell’espressione fisica appunto, dal drama con cui l’ho conosciuto, “Kinou nani tabeta?” (in inglese “What Did You Eat Yestarday?”, 2019), che si annovera tra le mie serie BL/LGBT+ preferite, e in cui interpreta (divinamente) un uomo gay sulla quarantina.
Di Takeru non posso che parlare bene ogni volta che ne ho occasione: nonostante la giovane età (appena 33enne), vanta una carriera molto corposa con i ruoli più svariati, il che denota quanto sia apprezzato e dagli addetti ai lavori e dal pubblico per la sua estrema versatilità. In “Tonbi” interpreta con totale naturalezza un adolescente in subbuglio emotivo prima, e un adulto consapevole e comprensivo poi, ma negli anni abbiamo potuto godere della sua recitazione in tante altre vesti, come ad esempio quella del famoso samurai vagabondo, Kenshin, che nasce dal manga omonimo e la cui saga di film live action è composta da 5 pellicole (la prima del 2012, l’ultima giusto dello scorso 2021, a quasi 10 anni di distanza). Di recente, anzi recentissimo, ha fatto molto parlare di sé insieme alla sua collega altrettanto talentuosa, Hikari Mitsushima, per il poetico e suggestivo drama firmato Netflix “Hatsukoi – First Love“, serie ispirata da due brani (“First Love” del 1999 e “Hatsukoi” del 2018) della cantautrice più amata e famosa del Giappone, Hikaru Utada.
7) Sempre riguardo il cast, alla fine della visione non amerete solo loro due, nonostante siano i principali conducenti della storia. La coralità dell’opera permette anche agli altri personaggi di emergere e splendere come si deve: ognuno di loro è peculiare e memorabile, e ogni attore non si è risparmiato nel mettere in scena il meglio che quel ruolo potesse offrire.
8) Per concludere, inserisco un aspetto che per me ha avuto un forte impatto sulla storia, cioè la sua ambientazione. Come dicevo all’inizio nella descrizione della trama, “Tonbi” dipana le sue vicende tra le strade di questa paesino sull’oceano, costruito sul costone di un monte. Un paesino in cui tutti si conoscono e ognuno sa le vicissitudini degli altri per filo e per segno. Dove non si ha un minimo di privacy, ma dove non si rimane mai davvero soli anche nei momenti più bui della propria esistenza.
L’oceano, le lunghissime scalinate, i panorami meravigliosi di cui si può godere solo dopo aver fatto la fatica di salirle, il falco e il nibbio, la neve, credo che siano tutti elementi non casuali (o almeno la voglio pensare così), date le continue metafore presenti tra gli aspetti della vita, e la natura e le sue leggi.
Quindi, in conclusione, se si cerca qualcosa che insegni senza dare lezioni, che scaldi ed emozioni senza risultare sdolcinato, ridondante o retorico, se si ha voglia di qualcosa di estremamente semplice sul piano delle narrazione, ma ricco di contenuti, “Tonbi” è una perla inarrivabile a mio avviso. L’unica pecca è che dopo averlo visto si potrebbe restare con un gran vuoto e riuscire a colmarlo con un altro drama potrebbe impiegare più tempo del previsto.