Navigando in diversi forum e soffermandomi in svariati post in gruppi dedicati, mi sono spesso imbattuta nella stessa discussione, ossia: le serie BL (Boys Love) e le serie LGBT+ sono equivalenti? E se non lo sono, si può allora affermare che le serie BL siano LGBT+?
Prima di iniziare, vorrei sottolineare che tutto ciò che leggerete nell’articolo è solamente frutto di miei ragionamenti e al solo scopo di tentare di chiarire alcuni aspetti. Non c’è in nessun modo la volontà di sminuire la qualità delle serie e per ovviare fraintendimenti spiacevoli, faccio presente che io stessa sono una fan quasi decennale innanzitutto di manga e anime yaoi e shounen-ai, e più recentemente (circa da quattro anni) delle serie asiatiche del genere (anche perché se non ne avessi viste abbastanza, quasi un centinaio, non ne potrei parlare con cognizione di causa).
Fatta questa premessa, e volendo rispondere alle domande della prefazione, per me la risposta è no a entrambe: serie BL e LGBT+ non sono la stessa cosa, e soprattutto le serie BL non sono LGBT+ (o perlomeno quasi nessuna).
INDICE
- Parola d’ordine: sensibilizzare!
- Quali fattori differenziano i BL dalle serie LGBT+?
- Omofobia latente
- Facciamo un passo indietro
- L’importanza di essere uno spettatore consapevole
- Militanza e puro intrattenimento: uno meglio dell’altro?
- Sezione consigli
Parola d’ordine: sensibilizzare!
Il motivo principale per cui vorrei provare a sviscerare la questione, è che ho notato un po’ di confusione di base: detta in parole povere, mi sembra ci sia la percezione che basti portare sullo schermo una storia con una o più coppie omosessuali per far rientrare un drama nella categoria LGBT+.
Innanzitutto per me è importante decifrare sulla base di cosa un’opera LGBT+ possa essere definita tale: secondo l’idea che mi sono fatta, un’opera LGBT+, di qualsiasi campo artistico si tratti, deve avere alla base una volontà di “parlare” onestamente al pubblico, mostrando il vivere quotidiano in maniera realistica, o portando alla luce aspetti che sono ancora nell’ombra, in modo da abbattere i pregiudizi e le discriminazioni, o da chiarire perplessità, o ancora di denunciare aspetti negativi che vive la comunità (non per forza in chiave drammatica, sia chiaro).
A questo punto nella mia mente si fa chiara l’idea che tantissimi BL non rientrano in questa categoria e che farceli entrare per forza di cose porta a una visione della questione fortemente deviante e falsante: è vero, in molti casi le serie BL possono aiutare a “normalizzare” l’omosessualità, in primis già solo per il fatto di esistere e di portare all’attenzione la questione, e in secondo luogo facendolo tramite concetti come “l’amore non ha sesso”, e “non è mai sbagliato né amare, né essere sé stessi” (tutte cose sacrosante), tuttavia è altrettanto vero che per la maggior parte dei casi questa “normalizzazione” si basa sulla creazione di cliché e aspetti quasi surreali, che non donano allo spettatore un ritratto veritiero di una parte della comunità LGBT+, e che potrebbero portare un individuo ad avere idee completamente sbagliate, e perché no, anche a peggiorare un eventuale atteggiamento avverso.
D’altra parte, parliamoci chiaro: qualora l’intento fosse sensibilizzare sulla questione, lo si dovrebbe fare mostrando un qualcosa che sia più verosimile possibile, e il destinatario primario dovrebbe essere più chi non conosce abbastanza la comunità queer da potersi fare un’idea chiara a riguardo o chi la conosce tramite falsi miti. In questo processo di “apprendimento”, come in ogni altro, è fondamentale che alla base ci sia un’informazione affidabile e non distorta, che altrimenti rischia di alimentare un fuoco che sta già divampando.
Da questa discorso rimangono fuori gli omofobi convinti, anche se verrebbe da pensare che in realtà i destinatari di certe opere dovrebbero essere proprio loro: in tal senso, nemmeno le serie LGBT+, che hanno come intento primario quello di far conoscere ed educare, possono riuscire nell’impresa di fargli cambiare idea. Un po’ come accade durante le elezioni politiche, anche in questi casi si tende a cercare di “portare dalla propria parte” i così detti indecisi. Chi è davvero omofobo, difficilmente si smuoverà dalla sua posizione, così come in politica, chi è di una fazione estremista, è implausibile che venga convinto dalla fazione opposta.
Alla fine tramite le opere di sensibilizzazione non si deve combattere l’omofobo, ma l’omofobia: l’omofobo si può tentare di limitare negli atteggiamenti e nei toni, magari punendolo legalmente, tuttavia non cambierà idea riguardo la comunità LGBT+. Mentre chi ancora non sa bene che idea avere, chi può sembrare omofobo ma in realtà è solo molto confuso, chi ancora non si è fatto per niente un’idea, sono queste le persone a cui ci si deve rivolgere per combattere l’omofobia: in sostanza, bisogna evitare di creare nuovi omofobi, mentre per quelli già ben radicati si può solo cercare di arginarne i “movimenti”.
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Quali fattori differenziano i BL
dalle serie LGBT+?
Per venire al lato più pratico della questione, sono dell’idea che non sia sempre semplice separare nettamente i due generi sopracitati, perché ci sono alcune serie in cui si fondono molto bene e il tutto sembra camminare sul filo del rasoio, ma allo stesso tempo la maggior parte di esse rientra in uno solo dei due filoni, poiché hanno metodi di approccio piuttosto diversi.
Mentre le serie esclusivamente BL spesso sono prodotti ben impacchettati e diretti al fandom (il che si traduce in prodotti basati su tratti poco reali che si reggono molto sulla ship della coppia, o delle coppie), le serie LGBT+, come già accennato, hanno un intento attivista ed esplicativo delle reali problematiche che le persone facenti parte della comunità si trovano quotidianamente a fronteggiare (dalle più piccole a quelle più pressanti), o addirittura possono ripercorrere periodi storici importanti per la comunità stessa.
Mi spiegherò meglio: uno dei fattori che più mi ha fatto avvertire nei BL un senso di “mondo creato ad arte e poco vero” è la contestualizzazione delle tante coppie che si creano, in alcuni addirittura si arriva a quattro o cinque coppie. La situazione tipo può essere quella di un gruppo di amici che in qualche modo stringe rapporti con un altro gruppo dello stesso numero di componenti e tutti finiscono per mettersi insieme (peraltro spesso sono tutti ragazzi che iniziano la storia dichiarandosi etero, e che spesso continuano a dichiararsi tali anche dopo essersi messi con un altro ragazzo).
Ora, si sa perfettamente che per una questione di statistica, le persone omosessuali sono nettamente in minoranza rispetto a quelle eterosessuali (si parla dell’1,6% della popolazione mondiale, almeno per quelli dichiarati), quindi presentare due gruppi di ragazzi etero che si riscoprono gay all’unisono, o che dichiarano di essere ancora etero ma di amare un solo ragazzo, o ancora di cui non viene proprio specificato l’orientamento sessuale e il tutto rimane nel dubbio, fa pendere per il pensiero che alla base di queste opere non ci sia intenzione di descrivere la realtà e quindi di chiarire perplessità che si possono avere sulla comunità, ma solamente di mostrare al pubblico quante più coppie possibili, in modo da alimentare il fandom.
Se ad esempio io, persona poco informata sulla comunità, vedo in un drama che un ragazzo etero si innamora di un altro ragazzo (etero o gay che sia), mi viene da chiedermi: “Ma quindi è gay? È bisessuale?”. A me è capitato molto volte nei BL di essere arrivata alla fine della serie e di non aver capito questo aspetto dei personaggi, perché ci si è focalizzati sul “anche se ami un ragazzo, non sei anormale. L’amore non ha sesso”, e quindi si rimane sul chi va là.
Comunque, come detto poc’anzi, la contestualizzazione in tal senso è fondamentale: se vengono presentate quattro coppie che ad esempio si sono conosciute in un locale gay, o ancora, sono quattro amici gay che conoscono altri quattro ragazzi gay, allora non risulterà più essere irrealistico, perché per quanto siano in minoranza, è verosimile che ragazzi gay possano avere molti amici gay e frequentare locali gay, dove è ovvio che ci siano i presupposti per dare vita parallelamente a più storie.
Ma se, tornando all’esempio di prima, il tutto viene ambientato in una scuola o in un’università e i protagonisti vengono presentati quasi sempre come persone etero che però si innamorano di un ragazzo, allora il realismo decade completamente.
Un altro degli aspetti alienanti, come dicevo prima, è che il messaggio che passa per la maggiore è qualcosa sul filone “l’amore non ha sesso”, o “l’amore è sempre amore, in ogni sua forma”, o ancora “non importa se sei un ragazzo e ami un altro ragazzo: non sei anormale, perché l’amore è universale”: tutti concetti intoccabili, per carità, ma che puntano a un “romanticizzazione” di qualcosa che invece una persona vive nel quotidiano, quindi risulta come se si separasse la teoria dalla pratica.
Ora, mi sta benissimo che passino questi messaggi positivi, perché è vero, non c’è un amore di prima qualità e uno di seconda. Tuttavia, se questi precetti mi possono stare bene perché improntano un forte senso del rispetto verso gli altri, dall’altra parte, mi sono anche resa conto di quanto portino a una banalizzazione pericolosa della questione (questo solo nel caso che non si sia consapevoli sin da subito cosa si sta guardando): a essere onesta, a me spesso sembra quasi come se si evitasse di definire l’orientamento sessuale dei personaggi per non rischiare di sbilanciarsi troppo, non definendoli né bisessuali, né gay, e per ovviare e giustificare questa mancanza logica, si punta al messaggio “anche se lo fossi, non importa darsi definizioni che ci limitino, perché l’amore è libero”.
Tuttavia, così facendo, l’importanza dell’autodeterminazione viene sgretolata: se ad esempio, uno spettatore avesse problemi a scendere a patti con il proprio orientamento sessuale, si sentirebbe ancora più “anormale” già solo per il suo bisogno di chiarire la confusione che prova e di tentare di scacciarla autodefinendosi e rispecchiandosi in qualcosa di specifico. Oppure se qualcuno dall’esterno arrivasse a pensare che definirsi gay, lesbiche, trans o quant’altro sia secondario, si starebbe di fatto alimentando un senso di avversione nei confronti di chi invece (e sono la maggioranza) si definisce in maniera decisa in un modo o in un altro, e si rischia di calpestare l’identità di quella persona e di sminuire tutte le difficoltà che può aver incontrato fino a quel momento nel percorso per capire chi fosse davvero.
In secondo luogo sembra come se una volta superato lo scoglio sulla visione di un amore più universale, allora tutto il resto si sistemerebbe di conseguenza. Purtroppo però, per le coppie omosessuali, per i trans o i bisessuali, non sussiste solo la problematica di una mentalità che vede di cattivo occhio rapporti d’amore (e quindi sessuali) tra persone dello stesso sesso, o che non accetta una persona che cambia il proprio sesso, ma anche ostacoli più pratici e tangibili, come quelli dettati dalla legge, per cui le belle parole non sono sufficienti per far sì che il loro stato e la loro integrazione nella società migliorino.
Vi assicuro che io sono la prima che vorrebbe che non ci fosse più bisogno di fare coming out, perché starebbe a significare che si è arrivati a una tale integrazione di tutte le minoranze, che ognuno può essere ciò che è apertamente e senza problemi di sorta. Purtroppo però, per il momento non è ancora così che stanno le cose, e il passo della presa di coscienza e del fare coming out sono tappe fondamentali nella vita di una persona della comunità queer.
Ecco quindi, tornando al discorso principale, che se si sminuisce o si toglie quasi del tutto l’importanza di definire ciò che si è, allora la suddetta serie non può essere definita LGBT+, perché di fatto non sta sostenendo la comunità, in alcun modo.
Anche il fatto che ci siano centinaia di serie BL e quasi nessuna GL (Girls Love), fa intuire che l’interesse primario è catturare il target che di più può spingere al successo le opere, cioè donne e ragazze. Chi di dovuto sa che certe cose vendono più di altre e premono su quelle, spesso anche al di fuori dello schermo, dando vita a dinamiche che a volte creano problemi anche relativamente ingombranti agli attori. A supporto di ciò c’è il fatto che molte coppie di attori dei BL, tendono a fare coppia fissa e quindi a fare più di una serie BL insieme, creando la sensazione che appunto la coppia si estenda anche al di fuori dello schermo.
Per paradosso, visto il target di riferimento, il ruolo che ricoprono proprio le donne/ragazze nelle serie BL non è esattamente gratificante: nella maggior parte dei casi o sono elementi di disturbo nelle coppie, e per questo vengono “maledette” dallo spettatore, o sono delle macchiette che servono a riempire del tempo sullo schermo svolgendo ruoli comici (oserei dire quasi giullareschi a volte).
Dal canto suo l’opera LGBT+ ha un target senza dubbio più ampio, perché oltre che a essere un minimo vendibile, punta soprattutto all’informazione e alla sensibilizzazione, e questi obbiettivi non necessitano di target tanto specifici: anzi, per arrivare alla meta, devono tentare di prendere una fetta più grande possibile di pubblico.
L’aspetto del fandom e delle serie BL create ad hoc, secondo me è molto ben affrontato nella serie tailandese “Lovely Writer“, che personalmente ho apprezzato tantissimo proprio per la sua onestà nel portare sullo schermo aspetti poco nobili del mondo dell’intrattenimento, in particolare quello delle produzioni di serie BL, appunto.
N.B. i fattori elencati sono solamente alcuni: ce ne sarebbero altri, magari anche minori, che nel complesso creano la differenza netta tra i due generi, tuttavia sarebbe stato troppo lungo farli presente uno a uno.
In più: questi fattori non sono di per sé difetti, bensì diventa essenziale identificarli quando una persona tende a scambiare opere BL con queste caratteristiche, per qualcosa che non sono, cioè per serie LGBT+.
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Omofobia latente
Tornando alla questione dell’omofobia, molti più fan di BL di quanto si pensi sono omofobi, o per meglio dire, hanno un omofobia latente, cioè quell’atteggiamento che sembra a favore, tuttavia nella realtà contiene sempre qualche “ma” (esempio: “non sono razzista, ma…”: vuol dire che sei razzista, i “ma” non sono contemplati).
Questo fattore potrebbe lasciare perplessi, tuttavia nella realtà è in totale linea con la cultura di provenienza delle serie BL e fa capire quanto quest’ultime si distacchino quasi sempre dalla mentalità di una cultura realmente pro LGBT+: come dicevo prima, questo accade perché nelle serie BL non c’è quasi mai l’intento di sensibilizzare davvero, di informare, di educare e di far comprendere la realtà (o se anche ci fosse, viene mostrato molto male).
Dal canto suo, la questione dell’omofobia (anche se latente) potrebbe far sorgere dei dubbi: se una persona è omofoba, in teoria dovrebbe essere contraria di per sé al rapporto tra due persone della stesso sesso, quindi perché è disposta a guardarsi qualcosa che riguarda l’argomento, anche se più velatamente (come nel caso dei BL)?
Ecco, non è matematico. Quando si tratta di omofobia latente, spesso nemmeno il diretto interessato se ne rende perfettamente conto: la cosa si traduce in pensieri del tipo “mi sta bene che due uomini o due donne stiano insieme, ma non sono d’accordo con il matrimonio, perché quella è una cosa per coppie etero”, oppure “a me sta bene che una coppia dello stesso sesso stia insieme, basta che non si baci in pubblico, perché potrebbe urtare la sensibilità di chi gli sta attorno, soprattutto se in presenza dei bambini”.
Queste espressioni (o simili) potrebbero sembrare un qualcosa di meno grave rispetto al “l’omosessualità è una malattia” o “mi fanno schifo”, e di fatto magari portano a reazioni meno violente, tuttavia il punto è che sia che la discriminazione avvenga in maniera violenta o velata, resta il fatto che avviene. L’omofobia non si traduce solo in insulti o aggressioni, che sono atteggiamenti e prese di posizione palesi e che non lasciano spazio a dubbi: l’omofobia è anche dire o fare, appunto, qualsiasi cosa che porti a una differenza di trattamento tra la coppia omosessuale e quella etero, o la persona omosessuale e quella etero. Di conseguenza dire che dovrebbero scambiarsi effusioni solo in privato, o che non dovrebbero sposarsi, non è non essere omofobi: di fatto si sta solo facendo finta di accettarli e li si sta a malapena tollerando.
Nel caso del pubblico delle serie BL, sono molte le persone che ad esempio si direbbero contrarie o addirittura schifate se un attore di una di queste suddette serie, si dichiarasse realmente gay o addirittura trans.
Il fatto che queste storie possano piacere tanto anche a persone in realtà omofobe è una riprova di come l’opera sia pensata appositamente per non toccare quasi mai argomenti socialmente o legalmente rilevanti per la comunità queer, (argomenti che potrebbe far insorgere polemiche e quant’altro), e per concentrarsi invece sulla parte umana e romantica, che è molto più soft e anche meno contestabile, perché gioca sull’emotività e può rimanere sul vago senza risultare mancante di qualcosa.
Per fare un esempio pratico: una serie racconta la storia di due ragazzi che si innamorano, e il tutto viene descritto con tono sfumato, quasi sfuggente, senza dichiarare l’orientamento sessuale di nessuno dei due, senza mostrare altro che il loro innamoramento e la loro relazione, come quasi chiusi nella loro bolla di sapone. Un’altra serie porta sullo schermo la storia di due ragazzi gay che intraprendono una relazione: nel contesto di una presa di coscienza della propria sessualità e di un’onestà senza veli in tal senso, è quasi naturale andare ad approfondire il loro percorso personale in quanto persone gay.
E’ chiaro che i due approcci siano completamente differenti, e mentre in un caso ci si potrebbe rispecchiare chiunque poiché viene raccontato un amore “universale”, quasi generico, nell’altro si è preso il toro per le corna affrontando direttamente il tema che premeva trattare, e per lo spettatore diventa senz’altro più difficile far finta di nulla e sviare il discorso su questioni più “fiabesche”.
Ecco anche perché il primo caso (serie BL) porta a un fandom spesso molto sentito anche da parte di persone in cui risiede un’omofobia latente, mentre lo stesso atteggiamento sarà più ostico da ritrovare tra il pubblico di serie LGBT+.
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Facciamo un passo indietro
A questo punto viene quasi naturale chiedersi il perché il fenomeno delle serie BL sia nato e abbia preso tanto piede in paesi notoriamente conservatori come, ad esempio, il Giappone o la Tailandia.
Credo che per trovare questa risposta si debba andare a ritroso di decenni e fare tappa proprio in Giappone, paese in cui nascono i fumetti shounen-ai e yaoi, generi che descrivono amore tra due persone di sesso maschile: nel primo caso si tratta di rapporti in cui ci si sofferma maggiormente sull’aspetto emotivo e il tutto è in un contesto più casto e “puro”, in cui il contatto fisico è a malapena accennato o solo fatto intuire ma non mostrato, nel secondo invece sono presenti anche scene di sesso esplicito ed è tutto molto più diretto, anche nei dialoghi.
Riflettendoci, l’atteggiamento del fandom delle serie BL appare analogo a quello che già si evince da decenni nel fandom dello yaoi, appunto. Il primo manga della storia che si possa considerare shounen-ai è “Il poema del vento e degli alberi”: quest’opera di Keiko Takemiya risale al 1976, e figuratevi se all’epoca in Giappone ci fosse apertura mentale nei confronti della comunità queer.
Infatti il manga sconvolse il paese, ma nonostante la sua “scabrosità”, fu talmente innovativo affrontare certi temi, che diede di fatto vita al genere che a oggi è un vero e proprio fenomeno di massa (da anni anche al di fuori del Giappone). Sono passati quindi quasi cinquant’anni dal primo prototipo di yaoi e le cose sono socialmente evolute, ma secondo voi quanti lettori giapponesi (la maggior parte donne), sono realmente e sinceramente pro LGTB+? Quanti hanno una visione chiara della comunità e non una distorta dai racconti dei manga o dalla credenze popolari?
E’ vero che negli ultimi anni lo yaoi ha smesso di essere quasi esclusivamente un’opera basata sulla distinzione nettissima tra uke e seme (ruolo attivo e passivo nel rapporto sessuale), in cui uno era il macho di turno e l’altro l’effemminato, in cui c’erano quasi sempre rapporti che iniziavano con violenze sessuali di vario tipo, in cui gli stereotipi dilagavano alla grande. Questi aspetti fino a pochi anni fa erano la norma, perché, fin dall’inizio gli yaoi non sono stati creati per rappresentare le persone gay: sono stati creati dalle donne per le donne (giapponesi), poiché ciò che le donne non potevano fare in quanto tali, era permesso agli uomini, pur se rappresentati effemminati o meno virili di quanto ci si aspettasse, e questo donava un senso di libertà ed evasione alla donna (o ragazza) che li leggeva.
Uno degli aspetti in cui il genere femminile sicuramente si è sempre immerso di più e che è uno dei punti cruciali degli yaoi è il sesso, e infatti le donne in generale (ma in particolar modo quelle asiatiche), vivono ancora oggi una repressione sessuale spaventosa e c’è totale omertà riguardo i desideri della donna, il cui corpo è però oggettificato dall’uomo e dalla società.
E’ per questo che nasce il genere, come per prendere in mano un potere che nella realtà le donne non avevano: quello di essere loro fautrici della sessualizzazione del corpo dell’altro sesso e non viceversa, e di sentirsi finalmente libere dai pregiudizi sociali che le vedevano come oggetti privi di istinti e desideri. Ed ecco perché era sempre così importante che all’interno della coppia uno dei due fosse effemminato, perché di fatto doveva richiamare o direttamente rappresentare le donne, non una persona gay.
Ed ecco anche spiegato perché nella realtà molte fan risultano poi omofobe: se nello yaoi si vedono in qualche modo rappresentate e lo vivono come uno sfogo sociale, nel momento in cui si va poi a dibattere realmente sui temi riguardanti la comunità queer, di fatto queste persone non sono minimamente preparate ad avere un’ideologia a riguardo e non hanno mai riflettuto effettivamente sulla comunità LGBT+ e sui loro diritti. Si ritrovano quindi ad affrontare un qualcosa che non conoscono: questo senso di realtà ed estraneazione allo stesso tempo, porta a un’opposizione, magari solo istintiva e iniziale, nei confronti della comunità LGBT+.
Tuttavia, proprio per quel cambiamento di cui parlavo prima, si è arrivati a un certo avanzamento sociale e per quanto ancora piuttosto chiuso mentalmente, anche il Giappone si è trovato ad aprire le frontiere a certi lati della società che non hanno retto più il classico atteggiamento omertoso e si sono voluti far sentire. Ecco perché oltre agli yaoi, solo più recentemente sono iniziati a venir fuori anche manga di stampo LGBT+, come “Il marito di mio fratello”, “Oltre le onde” e “Hourou Musuko”.
Ora come ora, i drama BL in Giappone nascono nella maggior parte dei casi proprio da manga shounen-ai o yaoi, così come in Cina nascono dai romanzi (sia cartacei, sia nati sul web). Per quest’ultima poi ci sarebbe da fare un discorso a parte per via della censura, poiché per legge, i romanzi che nascono come BL, finiscono per avere un adattamento che a malapena sfiora il bromance, quindi non si tratta più di distinguere se l’opera sia BL o LGBT+, perché la questione “omosessualità” viene depennata a priori. Anche in Tailandia molti dei BL nascono dai romanzi web che vanno molto in voga negli ultimi anni, tuttavia quando si tratta di serie LGBT+, si tratta quasi sempre di opere con soggetti originali, indipendentemente dalla nazionalità.
Questo per ragionare sul fatto che probabilmente il “mercato” dei drama BL, a prescindere dalla nazione asiatica di provenienza e quindi a prescindere dalla fonte da cui si attinge (novel, web novel, manga, manwha, webtoon etc…), ha fondamenta ben più radicate e “antiche” di quanto non si pensi, e tutto può essere nato proprio dai manga giapponesi del genere, mentre per le opere LGBT+, proprio perché stiamo parlando di tutti paesi culturalmente più conservatori, si tratta di qualcosa di molto più recente e che sta trovando solamente ora un terreno fertile su cui prodotti di un certo stampo riescono a fiorire e fruttare.
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L’importanza di essere uno spettatore consapevole
Se qualcuno stesse pensando che alcuni discorsi mirino a screditare le opere BL, urge ribadire che:
1) in questa sede non c’è volontà di giudicare le serie per la loro qualità, ma di identificarne la natura;
2) è proprio perché le adoro che secondo me è importante capire che quasi la totalità di loro non sono serie LGBT+, evitando così di farle diventare un generatore di “falsi miti” o un loro mezzo di divulgazione. Dopodiché, una volta accertato e avuto ben chiaro questo, si può godere tranquillamente della visione e farcela piacere quanto vogliamo, per i motivi più svariati.
Per ribadire: mi viene da considerare serie LGBT+ quelle che vanno ad affrontare temi come i diritti della comunità (matrimoni, adozioni, etc…), o le discriminazioni di cui è vittima, che sia in ambito sociale, lavorativo, e addirittura famigliare, o ancora il tema del coming-out che è un momento fondamentale per l’individuo. O, perché no, quelle che si addentrano nelle varie realtà e identità all’interno della comunità (che poi sono rappresentante nella sigla stessa LGBT+). Il tutto non per forza in chiave drammatica o tragica, basti pensare a “Diary of Tootsies” che ha fatto della comicità la sua forza motrice ed è riuscito perfettamente nell’intento di esprimere messaggi importanti e di mostrare i personaggi in tutta la loro onestà.
Sempre per ragionare su questo, per paradosso, potrei definire più LGBT+ una serie che non abbia protagonisti personaggi omosessuali, bisessuali, trans , ma che affronti anche solo secondariamente il tema con personaggi minori ma ben contestualizzati (come ad esempio “Itaewon Class” o “Tonari no Kazoku wa Aoku Mieru“), piuttosto che una delle tante serie BL in cui i protagonisti, omosessuali o dall’orientamento indefinito, sono racchiusi all’interno di un mondo fittizio, che sembra non ricalcare quasi in nulla la vita reale.
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Militanza e puro intrattenimento:
uno meglio dell’altro?
Mi piacciono le serie BL e LGBT+ allo stesso modo? Ovvio che sì, perché le guardo consapevolmente per motivi diversi, ricercando emozioni diverse: in pratica si tratta di “dare a Cesare quel che è di Cesare”.
Vorrei inoltre dire una cosa che ritengo fondamentale: nessuno dice che ogni serie che tratta l’omosessualità, per essere ritenuta valida, lo debba fare con un approccio attivista, militante o realistico (per quanto mi riguarda, anche molti drama che raccontano storie d’amore etero sono ben al di sopra della realtà, eppure possono risultare bellissimi). Ci possono essere serie molto profonde pur non avendo un approccio particolarmente verosimile, o il cui intento è intrattenere, tuttavia trovo importante che, quando si guarda qualcosa, si capisca cosa si sta guardando, senza confondere i generi, gli approcci con cui sono state create le opere e senza enfatizzare, o al contrario sminuire, i loro obbiettivi.
Quindi sì, ci sono moltissimi BL splendidi, perché profondi, ben scritti e ben recitati, e nella maggior parte dei casi non sono LGBT+ (o hanno solo qualche breve richiamo) per i motivi che ho largamente spiegato sopra.
Al contrario, tutte le serie LGBTQ+ che hanno a che fare con coppie gay sono anche BL, perché la storia d’amore è presente. Se invece non ci fosse la storia d’amore, ma solamente dei personaggi gay di cui vengono raccontati altri aspetti della vita inerenti al proprio orientamento sessuale, allora non sarebbe BL, perché il fattore Boys Love verrebbe a mancare.
La conclusione a tutto questo è che è importante avere sempre coscienza di ciò che si legge, si guarda, si ascolta e infine si pensa, si dice e si scrive, perché ciò rende persone più attente e sensibili.
I gusti, che giustamente variano da persona a persona, sono una questione diversa dal guardare le cose obbiettivamente, e senza offesa per niente e nessuno, ma solo con l’intento di rompere eventuali indugi, spero che questo mio articolo possa essere stato di piacevole lettura e d’aiuto.
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Sezione consigli
Dopo aver discusso delle differenze e delle caratteristiche delle serie BL e LGBT+, non poteva di certo mancare un piccola lista di drama che consiglio assolutamente.
Per non far “torto” a nessuno, ho scelto in egual numero i titoli che ho preferito e di un genere e dell’altro (non andando in ordine di preferenza).
BL | LGBT+ |
---|---|
HIstory2: Crossing the Line – Taiwan | Papa & Daddy – Taiwan |
My Beautiful Man – Giappone | What Did You Eat Yeasterday? – Giappone |
A Tale of Thousand Stars – Tailandia | Life: Love on the Line* – Giappone |
Where Your Eyes Linger – Corea del Sud | Diary of Tootsies (1° e 2° stagione) – Tailandia |
Love Sick (1° e 2° stagione) – Tailandia | Oh, Mando! – Filippine |
Kieta Hatsukoi – Giappone | Gay Ok Bangkok (1° e 2° stagione) – Tailandia |
Manner of Death – Tailandia | Long Time No See – Corea del Sud |
HIstory3: Trapped – Taiwan | HIstory4: Close to You – Taiwan |
Be Loved in House: I Do – Taiwan | Gaya sa pelikula – Filippine |
We Best Love: No. 1 For You (1° e 2° stagione) – Taiwan | I Told Sunset About You (1° e 2° stagione) – Tailandia |
To My Star – Corea del Sud | Lovely Writer – Tailandia |
Together with me (1° e 2° stagione) – Tailandia | Light On Me – Corea del Sud |
30-sai made Dotei Da to Mahotsukai ni Nareru rashii – Giappone | The Fallen Leaf – Tailandia |
Zettai BL ni Naru Sekai VS Zettai BL ni Naritakunai Otoko – Giappone | Mood Indigo (1° e 2° stagione) – Giappone |
He’s coming to me – Tailandia | Crystal Boys – Taiwan |
*Ho linkato la scheda della versione film e non quella delle serie con i quattro episodi separati, perché la versione film ha circa 10 minuti di girato in più e rende la storia più completa.
BUONA VISIONE!
Per l’immagine di copertina sono state utilizzate le locandine di “Papa & Daddy” e “A Tale of Thousand Stars”.